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Games at Twilight and Other Stories

1990Anita Desai

2.7/5

LA DONNA SUL FILOPhilippe Petit a spasso tra le Twin Towers, 7 agosto 1974.Raccolta fin troppo abbondante della produzione di racconti di Anita Desai, scrittrice in sospensione tra Oriente e Occidente sin dal concepimento (la mamma è di Berlino, il padre un bengalese): i 6/7 scritti tra il 1960 e il 1970 erano già stati pubblicati anni addietro dalle Edizioni E/O, e forse si potevano tralasciare.Perché la bellezza, e direi anche qualità, della lettura è viva e forte nei primi racconti, che sono quelli temporalmente più recenti: man mano che ci si inoltra nelle pagine, e si procede a ritroso nel tempo della scrittura, la forza del racconto scema.Come dicevo, il ponte tra le due grandi culture orientale e occidentale è palese e palpitante sia nella biografia di Desai che nella sua scrittura. Nella prima direzione aggiungerei per esempio il fatto che Desai divide l’anno con lunghi soggiorni in India e altrettanto lunghi in US, perché i suoi quattro figli vivono due da una parte e due dall’altra.Quando è in Occidente, risiede nei sobborghi di New York. Ma ha preso l’abitudine di affittare una casa in Messico per andare a scrivere: e qui si sente più a casa che nella Grande Mela, perché il Messico ha storia più antica, e perché è più facilmente scambiata per una locale.E quindi, è facile aspettarsi storie che sono a cavallo di popoli, geografie, culture, vicende d’immigrazione, spostamenti, spaesamento.Epperò, pur puntando l’occhio su storie diversissime, Salman Rushdie ha scritto:Quando penso ad Anita Desai, ne vedo distintamente la figura che si staglia, alla pari, accanto a Jane Austen, quell'altra grande scrittrice indiana.Come si conviene alla grande arte del racconto, Desai illumina il quotidiano, l’ordinario, isola un momento e ne mostra luce e ombra, descrive realtà che sembrano diverse, anche molto diverse, e a tratti invece diventano vicine, simili.Senza mai affrettare conclusioni, esprimere giudizi, men che meno condanne, senza enfatizzare conflitti e contrasti, puntando a riprodurre la complessità, sia orientale che occidentale, rispettosa delle diversità.Etnie e culture, giovani e vecchi, ricchi e poveri, uomini e donne, passato e presente, tradizione e novità.IstanbulNei racconti più recenti, però, Desai sembra cercare storie che sia più universali, che possano succedere un po’ ovunque, a prescindere dal background. Vedi quello intitolato “Il pianerottolo”, del 2007, dove forze sovrannaturali, forse fantasmi, sono percepite dalla nuova acquirente della casa, una donna: qui India o America non contano, la paura è insita in tutti, senza tenere conto del meridiano o del parallelo.Un altro racconto che mi è rimasto impresso è “Paesaggio invernale”, del 2000. Un giovane indiano che ha sposato una canadese e si è trasferito a vivere a Toronto riceve la visita della mamma e della zia, sorella della mamma, che lo ha praticamente allevato come se fosse lei la mamma – la giovane moglie canadese è piuttosto sconvolta da questo insolito triangolo affettivo – le due donne d’India a loro volta sono alle prese con un’altra novità, un inverno nordico, la loro prima nevicata…Nella produzione meno recente, invece, il confronto tra la patria di nascita e quella di adozione, tra tradizione e modernità è più marcato, e tra questi io ho colto meno bellezza, più deja vu (deja lu?).In tutti, e questo è probabilmente l’aspetto che mi affascina di più, percepisco l’impressione che saranno le donne a cambiare il mondo. Desai mi pare ne sia convinta. E di questo la ringrazio.
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